Cerca nel blog

domenica 24 gennaio 2010

BIF&ST Lezione di cinema di Gianni Amelio e Marco Turco


23 gennaio 2010 - h. 16.00 Cinema Kursaal

Il pomeriggio non poteva iniziare meglio: mentre aspetto l’inizio della mia prima lezione di cinema vedo arrivare, e sedersi proprio dietro di me, Ricky Tognazzi e Simona Izzo.
Mi avvicino a loro per chiedere il mio solito autografo (che ormai è diventato solo una scusa per intraprendere un discorso) e mi trovo di fronte due persone disponibilissime con le quali ho avuto il piacere di parlare.
Erano molto contenti dell’iniziativa di un Festival a Bari, pur essendo rimasti un pò delusi di vedere tanti posti liberi durante la serata precedente, quella di apertura, al Teatro Petruzzelli.
Questo ovviamente mi ha colpito molto, dato che al botteghino i posti erano tutti esauriti da tempo: evidentemente, come spesso succede, gran parte dei posti erano stati riservati per alcuni ‘eletti’ e poi non utilizzati.
In ogni caso, inizio la mia lezione di cinema e sono felicemente sorpresa di vedere professionisti come Gianni Amelio e Marco Turco dialogare allegramente come due vecchi amici.
Turco è stato per molto tempo aiuto-regista di Amelio per poi diventare regista lui stesso.
Il suo ultimo film La straniera, è stato presentato al Bif&st mentre lunedì sera sarà presentato in anteprima al Petruzzelli la fiction in due puntate prodotta per Rai Uno e da lui diretta C’era una volta la città dei matti.
Il discorso inizia con un riferimento ad un altro festival, il Torino Film Festival di cui Amelio è direttore e di cui è molto orgoglioso.
Ovviamente quando c’è stata la possibilità di fare un intervento è sorta spontanea la mia domanda sulla lontananza del cinema cosiddetto ‘d’autore’ presentato ai festival da quello che poi viene distribuito nelle sale.
Un esempio lampante è quello del film La cosa giusta di Marco Campogiani che ho avuto la fortuna di conoscere personalmente: un film elogiato da molti al TFF e poi distribuito in sole 4 sale in tutta Italia.

Purtroppo Amelio e Turco non hanno potuto che confermare la mia tesi per cui, da un pò di tempo ormai, a causa soprattutto della diffusione delle multisale e della chiusura dei cinema cittadini, si dà molto più spazio a film commerciali (soprattutto americani) a discapito di film italiani più impegnati.
Amelio stesso ha affermato che i registi sono ‘come palle di gomma che ogni volta qualcuno butta e terra e loro devono avere la forza di rimbalzare’: questo per evidenziare la difficoltà che un regista italiano ha di distribuire il suo film per quanto bello possa essere.
Il dialogo è stato quasi del tutto incentrato sul modo di ‘essere registi’ dei due protagonisti.
Molte sono state le lezioni e gli aneddoti raccontati, soprattutto dei tempi in cui Turco era aiuto-regista di Amelio.
Ecco la prima: se un regista mentre sta andando a fare qualche attività, per strada incontra una faccia o un ambiente interessante per il film, deve fermarsi e occuparsi di quello che ha visto.
Non deve lasciarsi distrarre da ciò che ha da fare: è il tragitto che porta le cose belle e non il piano di lavorazione o quello che si è deciso, nel percorso bisogna essere aperti a tutto.
La seconda riguarda il casting: niente foto di agenzie con Gianni Amelio, il casting era fatto andando a ‘cercare’ le persone giuste.
A questo proposito è stato divertentissimo l’aneddoto di una comparsa che era stata già scritturata: mentre lei era al trucco, Amelio aveva trovato un viso più interessante per quella parte e aveva fatto girare la scena a questa persona facendo ovviamente inviperire la comparsa quando aveva scoperto di aver perso il lavoro.
Poi si è parlato dell’importanza della gavetta: anche Amelio è stato aiuto-regista per grandi registe (donne) come la Wertmuller, la Cavani o la Berlinguer.
E’ lì che ha imparato l’essere regista: ‘alla base del nostro lavoro ci dev’essere la pancia, la vita, quello che si è, non la cosiddetta creatività’. ‘la regia ha bisogno di guerra: Fellini diceva che la regia è fatta da un tizio che sta sulla nave e vuole andare verso ovest mentre tutta la ciurma vuole andare verso est’.
Dalle parole di Amelio è risultato evidente quanto sia importante non tanto ‘studiare da regista’ ma ‘vivere da regista’, con tutte le conseguenze che ne derivano.
L’immagine che ne è uscita è stata quella di un uomo solo contro tutti che vive il suo film come un figlio e che tutto il resto della troupe difficilmente riesce a capire.
Infine ovviamente si è parlato dei suoi film.
Dalle difficoltà di girare la scena finale di Lamerica, quelle della nave che arriva a Bari piena di albanesi, nelle quali c’era la necessità di recuperare migliaia di comparse albanesi ai tempi della caduta del regime.
Alle difficoltà di dirigere un ragazzo con un handicap ne Le chiavi di casa.
Alla sua ultima impresa, del quale lui stesso è molto incerto, data la difficoltà di trovare comparse europee in Algeria, dove il film è girato.
Insomma una lezione di cinema un pò fuori dal comune ma che ci ha tenuti incollati alla sedia fino alla fine.

Nessun commento:

Posta un commento